Il mio primo racconto

Il mio primo racconto

Il mio primo racconto non voleva essere un racconto.

Ai quei tempi riflettevo su temi alti e irrisolvibili, tipici degli adolescenti. Buttavo giù parole a caso e vedevo che significato usciva fuori. Ero totalmente influenzato dalle canzoni degli Afterhours e dei Verdena i quali usavano la tecnica del cut up di cui fruttavo il concetto più artistico.

La tecnica di per sé è diversa.

"Si tratta di una tecnica letteraria stilistica che consiste nel tagliare fisicamente un testo scritto, lasciando intatte solo parole o piccoli gruppi di 2-3 parole, mischiandone in seguito i vari frammenti e ricomponendo così un nuovo testo."

La mia era pura interpretazione delle parole che mettevo per ispirazione, per cercare di capire quello cui pensavo e quindi provare a comprendere me stesso.

Con questa tecnica sono nate delle storie di cui solo una è rimasta proprio perché è l’unica che copiai in digitale (il mio primo quadernone l’ho smarrito nei vari traslochi che ho fatto).

Ultimamente ho riscritto questo breve testo, lasciandolo nella forma originale, correggendo giusto gli errori di ortografia.

Avevo in mente un progetto autobiografico è quel testo parlava di me più di qualsiasi racconto vero che avessi potuto scrivere per raccontare me stesso. Quello fu il mio primo racconto senza che io me ne rendessi conto.

Ecco un estratto.

Titolo:

Cumuli #10 –  Il 2006 della scrittura creativa

«Mi risvegliai e, come in preda ad uno sconforto molto intenso, presi dalla mia giacca un pezzo di polistirolo, lo tirai in questa putrida e abominevole fanghiglia; il rumore che sentii non fu come quando cade un frutto da un albero che è posto sulla riva di un fiume, ma come un maiale che grida al suo allevatore di non ucciderlo; con difficile diffidenza riuscii a capire che forse non era là la mia domanda che assillava la mia mente ormai a pezzi; quindi salutai, solo con l’inerzia mi tolsi scarpe e i fogli di carta bagnati che avevo sotto la pelle, e me ne andai.»

La storia non c’è, è un miscuglio di “grandi” frasi buttate senza un nesso vero e proprio che, confluiscono in un dialogo finale (molto surreale) tra un uomo e una donna.

In fondo troverete il testo completo.

Ma non è questo il primo racconto, nato come racconto, per scrivere un racconto, che ho in mente quando penso alla prima volta nella quale mi sono approcciato a questo esercizio.

- Lupo mannaro - è il titolo che avevo dato a questa specie di storia, una finestra, un frammento, di quello che ho vissuto in quel periodo.

Sono partito per il Brasile con due miei amici e ci siamo ritrovati a lavorare in una Pousada in un piccolo villaggio vicino a Fortaleza, nel Ceará, nel nord dello stato Carioca.

La nostra mansione principale era fare i guardiani notturni. Nella grande area recintata con vecchie stecche di legno, che da una parte confinava con il mare e dall’altra con un estesissimo entroterra non contaminato dall’uomo, il nostro compito era di cacciare le mucche che si intrufolavano nella proprietà.

Era un posto per gente benestante/ricca e trovare delle mucche dentro la piscina o vicino ad un’abitazione non era molto elegante.

Il compito era semplice e a volte divertente. Giravano però delle voci che arrivarono anche a noi, su una vecchia leggenda di un lupo mannaro che si aggirava da quelle parti.

Il racconto è un viaggio tra il reale e il sogno, tra il surreale e una storia reputata vera. Volevo solo raccontare quello che stavo vivendo mischiandolo con questa infondata leggenda metropolitana, che tanto ci ha stupito per il credito che gli veniva dato da quel villaggio di pescatori.

Il racconto è sgrammaticato, con frasi lunghe e sconnesse, che corre più veloce della storia.

Insomma fa abbastanza schifo. In passato ho provato a correggerlo ma era troppo messo male. Non sempre si può salvare un testo, nemmeno per leggerlo meglio, nemmeno per ricordo.

 

Ecco comunque un estratto.

Titolo:

Lupo mannaro

«Gli indigeni che lavorano di giorno, i pescatori e tutti quelle persone del piccolo paesino con cui avevo avuto a che fare, mi dicevano che ero un ragazzo coraggioso perché facevo il guardiano di notte. Neanche i pescatori pescavano di notte, che sarebbe stato il momento migliore, proprio perché c’era la legenda dei lupi mannari. Neanche del lupo ma dei lupi perché erano tanti a sentire la gente del paese.»

Questo è il primo vero racconto, nato e scritto per raccontare una storia, seppure banale e scritta male. Ho lavorato molto, ho scritto molto, per arrivare a scrivere dei testi decenti, che abbiano un senso mio specifico, che raccontino qualcosa che io voglio raccontare e la strada per fare ancora meglio è come un miraggio, si allontana mentre io avanzo. Forse un giorno smetterò di cercare di raggiungere quel miraggio.

Si inizia a scrivere per molti motivi e nessuno è sbagliato, ma credo che sia normale infine farlo per raccontare delle storie e che quelle storie, seppur brutte, banali o senza senso, debbano per forza di cose uscire dai noi stessi, anche solo per togliersele dalla mente.

In Brasile era il secondo round che mi concedevo con la scrittura. Volevo scrivere quello che stavo vivendo in quel viaggio che durò dieci mesi e con il tempo mi persi, il tempo mi corrose dall’interno e mi fece di nuovo deviare da quello che mi piaceva fare ma che avevo paura di fare.

Le esperienze ci portano a dei percorsi che non hanno senso, se non alla fine. Una vita in cut up.

Ho fatto mille peripezie per ritornare, con convinzione e dedizione, a scrivere.

Chi è in grado di capirlo subito da un lato potrebbe essere più fortunato perché ha più tempo per migliorare, imparare, mettersi in gioco ma da un altro punto di visto potrebbe risultare anche più sfortunato perché si tende a fossilizzarsi su un solo aspetto della vita, lasciando le esperienze in secondo piano, relegate al foglio di carta e inoltre la motivazione nel farlo potrebbe non arrivare diretta. L’esigenza di scrivere la si ha dentro di se, innata, come innato può essere il senso d’urgenza di disegnare, di recitare, di girare video e film, creare qualcosa con le proprie mani.

Ricordare il primo racconto è un modo per vedere da dove sei partito, conoscere le tue motivazioni iniziali e scoprire quanto si è migliorato nel tempo. Può essere un buono spunto per una nuova storia o, in questo caso, per un buon articolo, forse non molto tecnico ma di sicuro estremamente genuino.

Il mio primo racconto rimane la peggior cosa che abbia mai scritto.

Cumuli #10 - Il 2006 della scrittura creativa

Lupo mannaro - il mio primo racconto

Perché avete scritto il vostro primo racconto?

Cosa pensate delle parole scritte dal vostro giovane alter ego?

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