INKUARANTENA – Esercizio preso in prestito

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(Inkuarantena) Photo by Damir Spanic on Unsplash

La storia di Inkuarantena

Inkuarantena

Eravamo tutti spaventati, all’inizio. Per quanto mi riguarda durò giusto il tempo di un contratto interinale. Sembrava che tutti quei film apocalittici che avevamo visto negli ultimi vent’anni si stessero infine avverando. Lo spavento si trasformò subito in rabbia e poi in tristezza. Una depressione galoppante si impossessò della mia testa e di tutti i miei sforzi.

Non riuscivo a fare niente, mi sentivo niente e quando riacquisivo un po’ di lucidità mi sentivo come in una prigione d’argento, impotente, frustrato e arrabbiato.

La scrittura mi avrebbe salvato, mi ripetevo. Lo aveva già fatto e non mi avrebbe deluso.

Sebbene avessi tutto il tempo del mondo quando mi mettevo davanti al computer non riuscivo a concentrarmi. Svogliato, annoiato. Pensavo solo al mio stato. L’egoismo è il sale raffinato della vita.

Avevo bisogno di qualcosa per svegliarmi da quel torpore e arrivò come per magia o come un appiglio a cui aggrapparmi per non cadere nel dirupo.

La mia compagna seguiva un canale su Youtube che parlava di disegno. Questo ragazzo aveva sviluppato una specie di esercizio per i suoi seguaci. A partire dall’11 marzo e fino alla fine della quarantena avrebbe assegnato ad ogni giorno una parola e avrebbe creato un disegno ispirandosi ad essa.

“Potresti scrivere un racconto prendendo quella parola come spunto” mi disse la mia compagna conscia del mio disagio.

Mi parve subito una buona idea. Di continuare con il mio manoscritto non era aria. Di correggere i racconti pure e non c’era verso di liberare la mente dai miei pensieri scrivendone di nuovi. Non potevo né uscire né lavorare. Avevamo disdetto internet e venduto quasi tutto poiché eravamo stati ad un passo dal trasferirci e all’ultimo era saltato tutto.

Scrivere è togliersi di dosso la pelle morta. Scrivere per me è gettarsi alle spalle i pensieri che ti si aggrappano come una sanguisuga.

Potevo utilizzare quell’esercizio eliminando la puzza di merda che sentivo dappertutto.

Il ragazzo di Youtube aveva intitolato questo esercizio INKUARANTENA.

Non ho visto i loro disegni, non ho seguito il canale, sono incapace a disegnare. L’unico disegno che riesco a fare è il simbolo dell’impiccato nell’omonimo gioco.

Iniziai così, tutti i giorni, a scrivere un racconto ispirandomi alla parola che quel ragazzo aveva assegnato a quel determinato giorno, senza sgarrare. Non è stato facile perché la depressione rimase al mio fianco per qualche mese. Alcuni giorni andava tutto bene. Scrivevo racconti brevi e quando avevo le idee chiare andavo anche lungo. Altri giorni mi dimenavo per diverse ore fino a che, stremato e frustrato, cancellavo e spegnevo tutto. Altri giorni recuperavo scrivendo due racconti. Non mi interessava farli uscire alla luce del giorno.

Chiamatela scrittura terapeutica, chiamatela valvola di sfogo, chiamateli esercizi, fate come volete, mi furono di aiuto.

Ero ancora riluttante, fino a qualche mese fa, a farli emergere. Molti facevano schifo, altri mi ricordavano brutti momenti, in alcuni racconti provavano ad immaginarmi il futuro prossimo e, purtroppo, su qualcosa ci avevo visto giusto.

Da quando ho aperto il blog mi sono ripromesso di essere sincero.

Mi piace l’idea di parlare di scrittura, di far leggere i miei lavori e leggere quelli degli altri, di creare una piccolissima cerchia dove è possibile scambiarsi consigli su come lavorare e su come esercitarsi, rincuorarsi dei propri fallimenti, darsi una pacca sulla spalla e dirsi di non mollare, mostrare gli errori e i successi, indicare riviste che pubblicano o concorsi interessanti in cui partecipare. C’è molto altro su cui vorrei mettere bocca, forse solo per presa di coscienza, come quando si guarda una persona picchiare un’altra persona e si pensa di intervenire. Sono stanco di essere indifferente, di farmi dire: Se ti facevi i cazzi tuoi stavi meglio!

Bene, INKUARANTENA è davvero un esercizio interessante, soprattutto per eliminare un po’ di frustrazione, lasciare per un attimo questo dannato mondo, farsi una bella doccia d’immaginazione, e soprattutto non smettere con la scrittura.

Non pubblicherò tutti i racconti di questo esercizio ma quelli che andranno sul blog non sono stelle luminose nel cielo. Sono esercizi, sono prove, sono idee, sono una parte di me.

Non li ho mai riscritti daccapo. Li ho letti, corretti, letti di nuovo, fatti leggere e impacchettati al meglio che potevo, ma sono esercizi e meritano il giusto spazio nella mia vita.
Come ogni cosa che si scrive non si può sapere in cosa si trasformerà, se ne avrà il coraggio e la forza, ma per lo meno mi ricorderà sempre che scrivere non è solo farsi pubblicare o farsi leggere.

Scrivere è sempre e prima di tutto un gesto d’amore nei miei confronti.

Ringrazio RichardHTT con il suo canale https://www.youtube.com/user/RichardHTT che cito qui e adesso, per correttezza, per il passaggio decisivo. Grazie anche alla mia ragazza che ha fatto da collegamento.

Nessuna arte esclude l’altra.

I prossimi racconti che pubblicherò in questa serie potrebbero creare dei conflitti, potrebbero essere non accettati, anche se sono solo racconti di fantasia. Perciò li terrò in questo blog per coloro che li vorranno cercare. Senza collegamenti a nessuno. È una mia responsabilità.
Ho scelto di essere libero e di dire quello che voglio senza aggrapparmi a nessuno, senza coinvolgere nessuno che non lo voglia.

Questa è la storia di come è nato questo esercizio. Un buon modo per scrivere, per motivarsi, per cercare nuovi argomenti e per quello che vi pare in sostanza. C’è sempre una scusa per non scrivere ma ci sono migliaia di ragioni per farlo!

Potete scaricare il racconto "Onda" gratuitamente. Per gli iscritti alla newsletter posso inviare il racconto, su richiesta, nel formato mobi ed epub.

Oppure potete leggerlo direttamente sul mio blog.

Onda – 23 marzo 2020 – Inkuarantena

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