Loop – 24 marzo 2020 (Inkuarantena)

Loop
Photo by Tine Ivanič on Unsplash

Loop fa parte di una serie di racconti che ho scritto tra marzo e aprile 2020, serviti per adempiere ad un esercizio di scrittura.

Avevo parlato di questo esercizio nell’articolo:

che consisteva in origine di creare un disegno prendendo spunto da una serie di parole assegnate ad ogni giorno di confinamento. L’ho preso in prestito da un disegnatore presente su Youtube.

Gli altri due racconti che ho pubblicato sul blog sono:

Il titolo del racconto (Loop) è già di per sé uno spoiler. Parlare di ispirazione ha del comico. Credo che tutti gli esseri umani in quel periodo abbiano avvertito il tempo come un bisbetico dispettoso.

Il messaggio che volevo comunicare era ben altro e il loop è stato un semplice espediente.

La libertà è stata data per scontata negli ultimi trent’anni e ora ne vediamo le conseguenze. La nuda vita vince su tutto.

Il Loop nell'arte di raccontare storie

Molte serie tv, più o meno “fantastiche”, dedicano un episodio allo stesso tipo di loop temporale che ho provato a comunicare in questo racconto.

Tra le serie più famose possiamo citare Buffy l’ammazzavampiri, X-Files, Fringe, Star Trek, ma la lista avrebbe ancora degli assi nella manica.

Nei film il tema è stato ampiamento usato e riciclato.

Edge of Tomorrow con Tom Cruise che ho visto più volte e continuerò a vederlo, è il primo esempio che farei a chi è a secco di loop temporali. È già ieri, di Antonio Albanese, è forse l’ultimo DVD che ho comprato, anche e soprattutto per via del prezzo, e che non ho mai disprezzato (ovviamente non l’ho ritrovo più).  

Anche qui parliamo di un classico loop in cui il protagonista ripete la stessa giornata giorno dopo giorno.

Source Code l’ho visto al cinema, ai tempi, e per quanto la trama sia assolutamente già vista e rivista, il film rimane interessante con un finale ben studiato. Un po’ diverso ma molto suggestivo.

Il loop temporale ha sempre qualcosa di affascinante da sentenziare ed è difficile che riesca a stancarmi.

Nei libri si va più a fondo sul tema tempo, arricchendo le trame con l'espediente del loop.

Posso citare, tra i libri che ho letto su questo “argomento”, La fine dell’Eternità di Asimov, 22/11/63 di Stephen King e il piccolo libro o racconto lungo Il canto di natale di Charles Dickens (in realtà parlano prevalentemente di viaggi nel tempo).

Questi libri  sono anche i più citati nelle ricerche sul web per quanto riguarda il discorso sui viaggi nel tempo.

Mi fermo prima di allontanarmi dalla riva.

Questo esercizio di scrittura, da dove nascono questi racconti, mi ha permesso di togliermi diversi sassolini nella scarpa e di gettare alla mie spalle diverse frustrazioni. Scrivere è questo, molte volte.

Non arrabbiatevi e fatevi una risata. Leggere serve ad aprire nuove porte, tra le altre cose.

Se si ha un’idea, un principio, va portato avanti. E se si cambia direzione, si pensa di aver sbagliato, non è un dramma. Cambiare significa essere vivi.

Ricordo quindi, ripetendomi, che rimane un mero esercizio. All’immaginazione va dato sempre da mangiare e da bere. Ognuno ha il suo metodo.

«Quando scrivevo, mi era necessario leggere dopo che avevo scritto. Se continuavi a pensarci, perdevi il filo di ciò che stavi scrivendo prima di poterlo riprendere l'indomani. Occorreva fare ginnastica, stancarsi fisicamente, ed era un'ottima cosa fare l'amore con la persona che amavi. Quella era la soluzione migliore. Ma dopo, quando ti sentivi svuotato, bisognava leggere per non pensare o preoccuparti del tuo lavoro fino al momento in cui avresti potuto riprenderlo. Avevo già imparato a non vuotare mai il pozzo della mia fantasia, ma a fermarmi sempre quando c'era ancora qualcosa, là in fondo, e a lasciare che tornasse a riempirsi durante la notte con l'acqua delle sorgenti che lo alimentavano.»

Ernest Hemingway – Festa mobile

Potete scaricare il racconto "Loop" gratuitamente. Per gli iscritti alla newsletter posso inviare il racconto, su richiesta, nel formato mobi ed epub.

Loop

Pietro, come ogni mattina da quando è arrivato il virus nelle vite di tutti, alle otto apre gli occhi. Non ha bisogno più della sveglia. Va a dormire alla stessa ora già da un mese e, passate le sue sei ore di sonno, sufficienti ormai per il suo stile di vita sedentario, si sveglia con estrema facilità.
La sua è una piccola abitazione. Quaranta metri quadri. Una stanza, un bagno con la vasca, ma che usa come una doccia, una piccola zona giorno dove è allocata anche la cucina. Due finestre. Una vicino alla cucina e una in camera. 

Quella della camera però da sull’interno del palazzo che è chiuso. Da lì vede solo altre finestre e la scala. Pietro va al bagno per pisciare e poi si reca in cucina.

Prepara la moka e mentre il caffè esce spalma su due fette biscottate la marmellata di fragole, tenuta chiusa in dispensa da quando la madre, l’anno scorso, gliela aveva regalata. L’aveva fatta lei con le sue buone mani. Ha già superato la metà e ogni giorno ne mette sempre meno. La preoccupazione per il denaro che sta finendo si palesa ogni volta che vede quel barattolo. Come una clessidra che piano piano si svuota. La marmellata era stata aperta un mese prima.

Beve il caffè centellinandolo. Quello avanzato lo avrebbe messo in un contenitore di vetro dei fagioli che aveva pulito e lo avrebbe riscaldato il giorno dopo.

Calcola di poterci fare almeno altre tre colazioni. Il pomeriggio avrebbe bevuto un thè. Lui lo odia ma è un energizzante più economico e l’aiuta a riattivarsi dopo il pranzo.
Pietro accende la tv. Il telegiornale prima di tutto. Sempre le solite cose. Ma lui aspettava il bollettino.
“Oggi sono morte 926 persone. Record nazionale. 13000 nuovi infetti. 5000 guariti”
Vuole sapere quei numeri ed eccoli lì. Gli sembrano familiari. Sono forse gli stessi numeri del giorno prima? Non lo sa. Comunque è terrorizzato. Forse deve smettere di iniziare la giornata in quel modo. 

Perché deve auto flagellarsi così? Oltretutto non può neanche uscire e questo peggiora le cose. Che senso ha? Nella sua testa però la risposta è pronta al decollo.

Perché devo rendermi conto. Perché quello che sta accadendo è anche colpa mia e il mio senso civico deve aumentare, solo così possiamo uscire da questa situazione.
Devo pagare le tasse. Devo rimanere a casa. La prossima volta devo pensare a chi voto perché, nei momenti disperati come questi, ci deve essere qualcuno con il polso di ferro. Meno male che c’è questo presidente del consiglio. Si è preso la responsabilità ed è giusto che comandi solo lui e lui soltanto. E la colpa è mia come di tutti gli italiani.

Anche queste risposte hanno qualcosa di strano. Si, un déjà-vu. Sembra proprio così.

Lascia la televisione accesa, giusto per farsi compagnia. Scaccia quei pensieri strani. Anche i numeri di oggi sono un déjà-vu? Forse. Non gli importa però.
Pietro si affaccia alla finestra. La piazzetta che vede è deserta. No. Ci son due militari che passeggiano. Poi il nulla.

Giusto! Nessuno deve uscire sennò ci infettiamo.

 Pietro era pronto con il telefono. La telecamera accesa. Pronto a fare il video per inviarlo alle autorità competenti.
Se il virus non passa è solo colpa nostra. Dobbiamo fermare le persone!

Il permesso di uscire di casa è stato revocato da un po’, Pietro non ricorda da quanto esattamente.

Il cibo veniva consegnato a casa. Gli erano rimasti 100 euro. Non voleva chiedere aiuto alla madre, voleva farcela da solo.
Il governo aveva promesso aiuti economici a chi, come lui, non lavorava. Tra l’altro il giorno prima era arrivata la lettera di licenziamento. Non si era meravigliato.

Se le aziende non possono vendere i loro servizi falliscono e di conseguenza licenziano.

Il barattolo che gli incuteva terrore ogni mattina stava finendo ma lui aveva fiducia nel governo. Si stavano comportando in un modo che nessuno si sarebbe aspettato.

Bravi! Finalmente un buon governo!

Sente sempre quello strano sentore, come se stesse vivendo lo stesso giorno, in un loop di terrore.

Non è vero. La sua testa gli fa brutti scherzi come sempre e deve lasciar perdere questi pensieri sciocchi.
Pietro sapeva che sarebbero arrivati gli aiuti. Lo Stato non l’avrebbe lasciato morire di fame.
Internet va piano. Ci sono troppe persone che lo usano e di conseguenza la velocità è rallentata. Così avevano detto in tv ed è anche ovvio. Non capiva però a che sono servite quelle antenne del 5G in tutta la regione, sopra ogni palazzo, se adesso internet va sempre piano. Il 5G non è qualcosa che aumenta la velocità di internet?

Se in tv dicevano così era vero. Chi era lui per dubitare.

In un momento di crisi come quello non dovevano rompere i coglioni e far lavorare la gente che cerca di aggiustare tutto.

Lasciamo ai tecnici e ai laureati il compito di dire queste cose.
Può leggere ed evitare i video. Può bastare. Pietro ha i libri.
Non gli piace molto leggere ma che altro può fare? La playstation è per il pomeriggio e la sera.
Romanzi rosa. Uno schifo, ma in mancanza d’altro. Ha anche qualche poliziesco e qualche fantasy. Ma certi sono dei mattoni!

Si mise a leggere seduto sul suo piccolo divano sgangherato.

Le 10, poi le 11. A mezzogiorno deve arrivare la spesa. Pasta, riso, carne e insalata. Per qualche giorno sarebbe bastato. Ha la scorta di acqua. Finché lo stato non lo avrebbe aiutato stava attento alla spesa.
Il contratto di internet lo ha interrotto. Basta il telefono. E poi non può pagarlo.
L’una, le due. La spesa non arriva.
Pietro mette l’acqua sul fuoco. Spaghetti aglio e olio, senza peperoncino.
Mangia seduto sul suo tavolino rotondo. Anche ieri ha mangiato gli spaghetti? Non ricorda, forse.

Solito déjà-vu. Finisce, pulisce i piatti. Intanto pensa.

Gli sarebbe piaciuto aver registrato la sua giornata di ieri per vedere se aveva fatto le stesse cose o se in realtà quel giorno si stava ripetendo di continuo. Che stupida idea! È la sua testa che gli gioca questi scherzi. Il grande fratello non gli era mai piaciuto.
Un thè, giusto per bere qualcosa. Prende lo smartphone. Ormai lo deve continuamente tenere in carica. Lo voleva già cambiare da tempo, ma poi è successa questa cosa. Adesso non avrebbe neanche i soldi. Se solo avesse potuto cambiargli la batteria.

Ma ormai i nuovi telefoni li facevano solo così. Peccato. Il suo funzionava ancora bene ma lo avrebbe dovuto cambiare, un giorno.

Apre Facebook. Scrive una cazzata giusto per sentirsi meglio. Legge altre cazzate, giusto per non pensare. Chatta con qualche amico.

Tutti siamo nella stessa barca. Stiamo casa. La noia che palle! Che paura che ho! Mandiamo in galera chi esce, anche chi porta il cane a passeggio. I militari? Si perfetto, almeno la gente capisce. È morto un medico. È morto un trentenne. Moriremo tutti se non stiamo a casa. Perché la gente non capisce? Va bene. Ciao. Ci sentiamo domani.

Chiude la chat e inizia a vedere video. Gattini che cadono. Ricette. Ricette e ancora ricette.

A Pietro piace cucinare ma non ne ha la possibilità. Quando finisce tutto però si rifarà. Non vede l’ora.
Pietro è uno scapolo quarantenne. È stato fidanzato per tanti anni. Con Gloria si erano lasciati dieci mesi prima. Di comune accordo. La sua vita era stravolta. Il lavoro, che adesso non aveva più, era abbastanza sicuro, ma poco remunerativo. Aveva ripiegato. Improvvisamente era diventato quasi povero. La macchina da finir di pagare, l’affitto…

La padrona di casa gli aveva detto, circa cinque giorni prima, che non avrebbe dovuto pagare l’affitto per un po’, almeno finché tutta quella storia non fosse stata riordinata. Pietro è felice di questo. Non ha soldi per pagare.

Pomeriggio inoltrato. Pietro chiama la madre. È anziana e ha paura che il virus l’attacchi. Ma la voce sembra buona, sta bene. Ne è contento.
Gli dice sempre le stesse cose e si danno sempre le stesse risposte.
Anche qui la mente di Pietro vacilla. Ma in questo caso lui e la madre si dicono sempre le stesse cose. Non è un déjà-vu tanto meno un loop. È la madre.
Sera. 

La spesa non è arrivata e non arriverà più, per oggi. Pietro è tranquillo. Avevano avvertito che potevano ritardare di un giorno o due. Dovevano portare la spesa a tutta la città e ci stava. Aveva ancora qualcosa in frigo. Una fettina di carne l’avrebbe mangiata volentieri. Pazienza.

Due pomodori. Mette l’acqua a bollire per il riso. Accende la playstation. Mentre aspetta una partita ci sta bene. Magari un Inter- Milan. Lui prende l’Inter, sempre l’Inter.
L’acqua bolle e ferma la partita. Cento grammi di riso. Pietro ha fame ma più di così non può. Se la spesa non arriva neanche domani? Meglio non rischiare.
Finisce l’incontro. Vince due a uno, come sempre. Ne fa un’altra.
La sveglia suona. Il riso è pronto. Lo scola. Ci mette i pomodori in mezzo e aggiunge l’olio. Un po’ di sale. 

Ma che diavolo, questo è il momento di far entrare in scena la birra! Apre la lattina grigia con su scritto, in rosso, l’omonimo nome del supermercato. È la marca più economica.

Si siede con il riso e la birra e mette i canali in chiaro. Vede il telegiornale, giusto per vedere qualcosa.

“Oggi sono morte 926 persone. Record nazionale. 13000 nuovi infetti. 5000 guariti”

Sono gli stessi numeri di stamattina? Ma che cavolo! Però aspetta, è normale. Domani ci saranno numeri nuovi.
C’è un film in tv. Non lo conosce. Meglio. Qualcosa di nuovo.
Beve un’altra birra nel frattempo. Se finiscono amen. L’importante è che non finisca il cibo.
Dieci e quarantacinque. Pietro non ha altro da fare. Magari un’altra partita alla Play. Giusto una.

Undici e un quarto. Pietro si alza e va a dormire. I piatti li farà domani. La birra gli sta dando sonnolenza. Bisogna approfittare. Si cambia e si infila sotto il piumone leggero. Due minuti e poi….

Pietro si sveglia alle otto, come tutti i giorni da quando c’è il virus. Va prima in bagno e poi si dirige in cucina. Prende la moka. Aspetta. Non l’aveva fatta ieri? Ma in frigo non c’è. Si sarà sbagliato. Sta ancora mezzo addormentato.
Mette la caffettiera sul fuoco. Prende il barattolo di marmellata e mentre aspetta che il caffè esca, farcisce due fette biscottate. Vede il barattolo. Sta poco più giù della metà. Pensa alla madre che glielo aveva dato tanto tempo prima e pensa che finché ci sarà marmellata nel barattolo potrà mangiare.

Accende la tv. Il telegiornale prima di tutto.

“Oggi sono morte 926 persone. Record nazionale. 13000 nuovi infetti. 5000 guariti”

Sono gli stessi numeri di ieri? Possibile?
Pietro scaccia con prepotenza quel pensiero.
Non è possibile. E poi non si ricorda mica il numero preciso di ieri. No, si sta sbagliando.
Il caffè esce e ne versa un po’ nella tazzina. Lo beve adagio. Poi il resto nel barattolo di fagioli che ha pulito in precedenza. Calcola che il caffè gli basterà per almeno tre giorni. Deve risparmiare. I soldi sono quasi finiti e non vuole chiedere aiuto alla madre.

Pietro si ferma.

La tazzina in aria ad un palmo dalla bocca. Scuote la testa lentamente.
La corsa della tazzina riprende e Pietro sorseggia il caffè.
Oggi è un nuovo giorno e tutto andrà bene. Devo solo rimanere a casa.

fine

Potete scaricare il racconto "Loop" gratuitamente. Per gli iscritti alla newsletter posso inviare il racconto, su richiesta, nel formato mobi ed epub.

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