Morbido – 19 Marzo (Inkuarantena)

Morbido è una delle 14 parole scelte durante il primo periodo di quarantena (marzo 2020). Ogni parola (al giorno) un disegno. Io ho preso in prestito questo esercizio di disegno/illustrazione, portandolo nel mio campo, scrivendo un racconto al giorno.

L’esercizio si chiama INKUARANTENA e ne ho parlato in questo mio articolo di presentazione

Il racconto breve – Morbido – entra in futuro alternativo, in una linea temporale diversa e distopica la quale ha come punto d’incontro alla nostra realtà il 25 marzo 2020.

Sono 4 pagine di word e di pdf, poco meno di 1100 parole, 6300 battute spazi inclusi. Qualche minuto di lettura.

Stavolta non posso e non voglio dilungarmi in nessuna analisi.

La foto, la parola del titolo, argomenti all’interno del racconto, le lasciamo lontane. Niente note biografiche, prefazioni, postfazioni e quarte di copertina. Eviterei anche di mettere una foto… già faccio fatica ad entrare nelle ricerche del nuovo dio e se evito anche di inserire delle foto (almeno una), questa misera possibilità mi viene tolta all’istante. Il passaggio verde di Google.

Solo un pensiero esule e malinconico su quello che rappresenta il racconto per me e sulle riflessioni che esso mi porta a compiere.

Morbido è una storia che parla d’amore, in un certo senso.

Morbido è una storia che parla d’amore, in un certo senso. Un sentimento diverso da come noi possiamo intenderlo, comprensibile solo con l’esperienza, con la vecchiaia.

In mezzo al marasma di quel mondo, in mezzo all’obbedienza e ai dubbi, c’è la cosa migliore che un essere umano può fare. Ci si lascia ingannare, a volte, e si è costretti a fare cose che non si vorrebbero fare.

Ne varrà la pena? Saremo in grado reggere la spaccatura interna? Annichiliremo la nostra anima per amore oppure sarà l’amore a salvarci l’anima?

Gli effetti di scegliere l’amore sono tangibili, imponenti, meravigliosi, questo è certo.

Quando lo si sceglie lo si fa senza guardarsi indietro. (!)

Buona lettura

Potete scaricare il racconto "Morbido" gratuitamente. Per gli iscritti alla newsletter posso inviare il racconto, su richiesta, nel formato mobi ed epub.

Gli altri 5 racconti che ho pubblicato si possono leggere direttamente sul mio sito e si possono scaricare anche in pdf, così da leggere anche offline.

Morbido

Le elezioni era state annullate dopo sei mesi di reclusione in casa. I militari facevano i gendarmi e  ti pizzicavano anche quando andavi a fare la spesa. La gente strillava dalle finestre il loro dissenso verso la mancanza di cibo e spesso si vedevano telefoni volare dal balcone mentre passavano i carri armati. Volavano pure altre cose. C’era un puzzo di fogna e di merda appena mettevi li naso fuori.

Alcuni dicevano che defecavano dentro le buste di plastica e le lanciavano dalla finestra.

Quelle poche volte che uscivi dovevi obbligatoriamente portarti dietro il cellulare. La geolocalizzazione. Se ti beccavano senza erano guai, nel senso che ti facevano sparire per un po’. Eravamo prigionieri dello stato e della nostra stessa paura. Tra noi e quelli di fuori che controllavano c’era una guerra silenziosa senza quartiere. Se andavi di traverso a qualcuno te la facevano pagare.
Io vivevo con Carola. La fortuna ha voluto che quando tornò a casa dopo l’ictus ancora non era scoppiato il finimondo.

Quando si ristabilì, diciamo così, la situazione che si era creata ci lasciava ancora un po' di speranza. Tutti pensavamo che la quarantena sarebbe durata un mese, al massimo due e credevo che Carola non avrebbe mai più parlato. Mi sono sbagliato in tutti e due i casi.

Quando le due settimane previste di quarantena si sono protratte, era il 25 Marzo, me lo ricordo bene, stavamo davanti alla tv. Il tizio era in diretta nazionale. Carola alzò il braccio sinistro e con la mano indicò il televisore. Disse

“Morbido!”

Lì per lì rimasi allibito. Da quando era tornata in casa non aveva spiccicato una parola. Si muoveva un po’ ma la dovevo aiutare con tutto. Però non aveva mai detto niente fino a quel momento.

La sua faccia era una maschera di cera. Niente sorrisi, niente paura. Neanche quando gli dissi che avevo paura di prendermi il virus. Non siamo molti giovani e dicevano che gli anziani erano i più a rischio.

Mi sono sbagliato troppe volte e continuo a farlo.
Quando disse “Morbido!” sorrisi, all’inizio. Poi mi prese un attacco di risarella tanto che iniziai a tossire come un forsennato. Che risate.
Lei non faceva caso a me, continuava a guardare la televisione, con il braccio alzato e il dito puntato. Quando mi ripresi mi avvicinai. Feci una fatica tremenda a piegarmi sulle ginocchia. Da quelle risate matte sono passato ad una commozione cocente.

I miei occhi si inumidirono e se avessi perso il mio famoso autocontrollo sarei sbottato a piangere. Ma non volevo che mi vedesse. Dovevo essere forte per lei. Anche quando le dissi che avevo paura del virus lo affermai con arroganza e strafottenza, come per prendermi gioco della situazione.

Le abbassai il braccio e le posai la mia mano raggrinzita sulla guancia. Lei mi guardava. Era l’unico modo che aveva per comunicare con me. I nostri occhi, le nostre uniche anime collegate.

Ma sapevo che intendeva dire quando diceva morbido. È per questo che mi ero messo a ridere ed  era per lo stesso motivo che mi stavo quasi per mettere a piangere.

Da quel giorno Carola continuò a pronunciare quell’unica parola, in continuazione.

Come se ad ogni morbido volesse dire un aggettivo, un verbo, un pronome e compilare così una frase. Io la capivo sempre.

Quando stava sdraiata e con una voce rauca e leggera diceva morbido mi stava comunicando che mi amava e che le dispiaceva di non poter far altro per me.

Quando lo diceva in cucina significava che stavo sbagliando cose con il cibo. Era sempre stata lei la cuoca.

Quando sentivamo le sirene delle autoambulanze lo diceva quasi come un interrogativo, come a dirmi: “Morirà? Toccherà anche a noi?”. Io la tranquillizzavo.

Le prendevo la mano, la guardavo e le dicevo:” Se ci tocca lo facciamo insieme va bene?”. Lei mi rispondeva: “Morbido” e sembrava quasi che stringesse la mia mano. Forse era solo un impressione ma voglio pensarla così.

Poi un giorno si ammalò. I suoi occhi erano terrorizzati e diceva tante volte morbido come per paura di non riuscire a dire più neanche quello. L’unica parola che gli era rimasta. L’unica forma che avevamo per comunicare.

Mi ricorderò sempre quella prima volta che disse quella parola. Ancora adesso rido quando ci ripenso. Io me ne volevo andare con lei ma sono entrati e me l’hanno portata via come dei ladri, melliflui e vili.

Mi dissero che mi avrebbero mandato le ceneri dopo aver controllato se era stata contagiata.

Io stavo bene e lo sono tutt’ora sotto quel punto di vista. Non credo che sia morta per quello. Ho protestato e mi sono incazzato. Ho preso la scopa e ho menato tutto il tempo. Non ricordo bene i dettagli perché mi sono risvegliato nel mio letto la mattina seguente.

Carola non c’era più. Le ceneri ancora non le ho viste.

Certe volte penso di buttarmi dalla finestra ma sono troppo vigliacco. Lasciare il gas aperto? Non mi va di mettere nei guai la gente del condominio.

Sono incastrato qui.

Un giorno, non molto distante dal giorno in cui hanno portato via Carola, rividi il tizio. Seduto sulla sua sedia con una scrivania che era più grande di tutto il mio soggiorno. Diceva cose che sembravano giuste a quel tempo. Se penso a come stiamo ora, quello che ha fatto, ci ha cacciato in un baratro senza fine.

Appeno l’ho visto però subito ho alzato il braccio, l’ho indicato e ho esclamato con tutta la voce che  avevo:

“Morbido!”

Il mio famoso autocontrollo era andato a farsi benedire. Da quel giorno non dico più una parola. Anche volendo non saprei con chi. Mi sono chiuso in me stesso e ogni tanto scrivo, come adesso.

Sto sempre affacciato alla finestra della cucina, che dà sulla strada principale, e aspetto, con un secchio di ghiaccio di fianco a me. L’unica cosa che non mi costa niente. L’energia sembra sopravvivrà all’uomo.

Quando vedo qualche macchina passare o un carro armato, prendo una manciata di ghiaccio e lo lancio addosso e grido forte, con tutta la voce che ho, con tutta la rabbia.

Divento rosso in faccia e la vena sulla mia fronte, nonostante le rughe, esce fuori come una verruca. Dico:

“Morbido!” e lancio, “Morbido!” e lancio. Comunico con l’unica parola che ho ancora voglia di dire.

Quando però non c’è più nessuno in strada, mi devo sedere.

Il mio cuore sta messo bene. È inutile provare ad ucciderlo.

Carola, adesso non devo più far finta, non devo avere più paura. La morte è solo aprire un’altra porta. Aspettami lì dietro.

fine

Potete scaricare il racconto "Morbido" gratuitamente. Per gli iscritti alla newsletter posso inviare il racconto, su richiesta, nel formato mobi ed epub.

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