In questa serie di articoli affronto il tema della riscrittura di un racconto partendo dalla lettura della prima bozza e passando per i vari gradini del percorso di riscrittura come per esempio quante volte è necessario riscrivere una storia, il tempo di attesa prima di rileggere una bozza o riscrivere un racconto che non ha futuro.
L’atto di andare a rileggere la prima bozza di un racconto, l’originale, mi provoca sentimenti contrastanti: da un lato c’è una curiosità potente nel vedere se, per una volta, la prima bozza può essere già buona (il per una volta ha già dentro molti sottointesi), dall’altro lato c’è la paura di aver scritto qualcosa di talmente brutto da doversene vergognare e trovare all’interno i miei peggiori incubi (e non quelli che vorrei raccontare).
Durante la prima lettura, però, mi faccio trasportare dalla storia che volevo narrare evitando di auto flagellarmi per errori grammaticali o di sintassi, nonostante possa capitare che gli sfondoni che incontro mi facciano accapponare la pelle.
Mi dico: sei andato a briglie sciolte, hai badato alla storia; tutto il resto potrai correggerlo in secondo momento.
Quando inizio a scrivere un racconto è perché ho una storia che non può più restare dentro la testa, che mi ossessiona a tal punto da non riuscire più a pensare ad altro. È proprio nel momento in cui mi approccio davanti al computer per scriverla che sento la vera creatività, l’attimo che amo di più, che mi fa credere per un secondo di essere un piccolo dio di mondi alternativi.
Quando finisco di leggere il racconto guardo lontano (sul muro bianco distante da me mezzo metro) e mi capitano tre cose e non contemporaneamente:
nella storia non c’è niente che mi interessi e a cui posso aggrapparmi e se non interessa a me figurarsi se qualcuno possa essere interessato a leggerla;
nel racconto ci sono alcuni elementi interessanti che vado anche a rileggere, da cui posso costruire un “qualcosa” che possa essere un racconto pubblicabile o il principio di una storia più grande, che potrò prenderla in considerazione più avanti con calma;
alcune emozioni mi hanno pervaso.
Si potrebbe pensare che l’ultimo caso sia il picco più alto che uno scrittore possa aspirare e posso dire che è vero, è tutto vero.
Creare e raccontare delle storie rimane l'atto creativo più soddisfacente e leggendo la prima bozza lo si può letteralmente vedere.
Il ma è nell’aria, lo si può avvertire come tuono prima della pioggia.
Arrivare a scrivere un racconto con un buona la prima che abbia già una carica emotiva importante e roba da scrittori navigati e forse anche loro non riescono sempre nell’intento. Noi che ci proviamo tutti i giorni, che scriviamo perché non siamo capaci di esistere senza farlo, abbiamo bisogno di passaggi intermedi, di fare esperienze ed esercizi per arrivare a confezionare una storia quasi perfetta almeno nella forma, per provare ad affacciarci nel mondo dei grandi.
Quindi anche scrivere una schifezza sarà un importante passo per scrivere poi una roba buona; scrivere un racconto che ha qualcosa di interessante aiuta ad essere più preparato la prossima volta che si gettano le basi per una storia e così arrivare subito al punto che si desidera nella stesura di un nuovo racconto, oppure ci darà un appiglio, un segno a cui aggrapparci per creare un altra storia che ci emozioni di più, che arrivi al cuore sia nostro che del lettore già dalla prima bozza.
Il buona la prima credo che non esisti, che sia un racconto di qualche altro scrittore che ha immaginato di creare una storia con una sola stesura e ci ha scritto, per l’appunto, un racconto.
Per uno scrittore affermato però potrebbe valere l’opposto: non comprereste un libro con le liste della spesa di Hemingway? (forse non tutti sono così feticisti)
La gioia dell’inventare, di mettersi davanti al foglio e creare è come la sensazione di precipitare: paura e eccitazione nello stesso istante.
La riscrittura di un racconto invece è come diventare vecchi e saggi. Sono le montagne russe dello scrittore a qualsiasi livello e servono entrambe.
In conclusione riscrivere un racconto ci dà la consapevolezza della prima bozza di una storia e ci pone il primo grosso interrogativo: quelracconto ha un futuro?
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