Perché aspettare del tempo prima di rileggere un testo

Perché aspettare del tempo prima di rileggere un testo (almeno qualche settimana) è necessario per poterlo vedere sotto un'angolazione diversa, come se lo stessimo leggendo per la prima volta. Sembra qualcosa di banale e scontato ma l'attesa paziente è nient'affatto facile.

Perché aspettare del tempo prima di rileggere un testo
Terzo capitolo sul tema della riscrittura di un racconto.
Anche aspettare di rileggere il racconto può non essere sufficiente per considerarlo terminato.
Tempo di lettura 4 minuti

Dopo aver scritto un racconto, riletto il primo bozzetto e averlo riscritto, dal principio, tenendo davanti il testo, quello scritto ha bisogno di un po’ di tempo prima di poterlo riprendere e valutarne i passi successivi.

 

Stephen King parla di settimane di oblio per una storia (se non sbaglio sei settimane): siamo tutti d’accordo, sembra una banalità dire che il tempo di attesa fa azzerare i concetti (o preconcetti) su quello scritto, oltre che a farti leggere il racconto con un occhio nuovo, come se quel lavoro non fosse il tuo, eppure, dopo aver scritto una storia, perché aspettare del tempo prima di rileggere un testo se, a memoria, già so che dovrò apportare dei miglioramenti?

Se c’è una storia che mi è piaciuta scrivere, spesso mi diventa difficile far passare tutto quel tempo e a volte casco nella trappola e lo rileggo anche dopo una sola settimana di gestazione, purtroppo però quel tempo non è sufficiente per guardare quel racconto da un’altra angolazione. C'è la voglia di aggiungere, di migliorare e anche di tagliare, un'irrefrenabile desiderio di finire il racconto.

L’errore, se così vogliamo chiamarlo, non è così grave a meno che quel racconto non lo inviate subito a qualcuno, che sia un lettore beta, una rivista o un editore (penso che non siamo così pazzi da inviare un testo per provarlo a far pubblicare dopo poco tempo averlo scritto, vi pare?); bene o male che vada il racconto andrà in naftalina per altra qualche settimana (ci sono sempre tante cose da scrivere nel frattempo) e al momento della rilettura ci si renderà conto di quanto sia diverso da quello che pensavamo che fosse.

Gli scritti sono come alcune pietanze che si cucinano: vanno messe sul fuoco e dimenticate.
Ma può essere questo considerato un errore?
Forse possiamo considerarlo un consiglio inascoltato.

Per quanto valuti questo suggerimento fondamentale per la buona riuscita di un racconto, penso anche che ognuno fa come vuole e alcuni riescano anche a migliorare o solo sistemare il proprio testo anche subito dopo averlo scritto.

Chi scrive sui blog o chi scrive sui social e sui giornali stampati lascia maturare l’articolo al massimo per qualche giorno, più verosimilmente per qualche ora. Anche qui c’è un pubblico, un lettore a cui dare un buon contributo e questo non significa che gli autori vogliono dare contenuti di bassa qualità solo perché non danno al testo abbastanza tempo per poter essere valutato con più distacco.

 

Ma una volta dato al racconto il giusto tempo di gestazione che facciamo, lo riscriviamo un’altra volta?
Perché aspettare del tempo per rileggere un testo se poi comunque lo dobbiamo riscrivere?

 

C’è sempre almeno una riscrittura di una prima bozza e una seconda riscrittura di quella prima bozza riscritta (un po’ contorto ma si capisce), perché il testo che si leggerà dopo quel tempo di lievitazione sarà qualcosa di nuovo rispetto al ricordo che abbiamo di quel racconto letto più un mese prima, perciò troveremo sicuramente delle cose che non ci piacciono o degli errori che non avremmo notato a caldo.

Anche dopo aver aspettato del tempo per rileggere quello che si ha scritto ci dovrà essere un compito di riscrittura ma sarà diverso da quello precedente:

- nel primo caso si va a completare la storia, sistemare gli eventuali buchi di trama, si aggiustano/cancellano/aggiungono/ i dialoghi (se ci sono), insomma ci si a mette le mani per dargli un senso di completezza senza pensarci troppo e senza dover per forza trovargli tutti i difetti possibili;
- nel secondo caso invece si riscriverà il testo cercando di renderlo più credibile possibile, aggiustando gli eventuali ultimi buchi di trama che solo il tempo di gestazione fanno uscire fuori, potrà capitare di spostare un pezzo o frase, cancellare le famose parole inutili e altri possibili modifiche come nomi dei personaggi per esempio o dei nomi dei luoghi che pensavamo fossero corretti e invece abbiamo cannato (quindi anche un’ulteriore ricerca sarà necessaria).

La seconda riscrittura è quella definitiva dopodiché il racconto è finito, cioè la storia che volevamo raccontare ha avuto fine, più o meno perché bisogna poi comprendere il futuro che vogliamo dare a questo testo; se la nostra idea è quella di pubblicarlo tramite i nostri canali o attraverso delle riviste letterarie (soprattutto se facciamo tutto da soli), ci saranno ancora delle fasi da prendere i considerazione:

  • una revisione classica, cioè controllo ortografico, sintattico e di analisi logica;
  • l’inoltro del nostro racconto verso i nostri lettori beta.
Ci sono tantissimi articoli sul web che parlano di come scegliere i nostri lettori fidati e se ne fa menzione in quasi tutti i manuali di scrittura.

Ne ho parlato anch’io tempo fa in un articolo nel quale proponevo una lista di domande da fare al lettore beta, utili per tirar fuori opinioni il più possibile dettagliate su quello che hanno letto.

Questionario per il lettore

Nella parte finale di questo articolo vorrei solo rimarcare lo scontato: far leggere l’opera quando è davvero conclusa, al massimo mostrerei il racconto prima della revisione finale.

 

È un favore che ci facciamo perché diamo uno scritto completo, buono e che rispecchia quasi al meglio che possiamo il nostro modo di scrivere inoltre è rispettoso verso chi lo legge, perché troverà un racconto confezionato al meglio (o per le meno al meglio che possiamo fare da soli), diciamo il più professionale possibile.
Ma che succede se un vostro lettore (o più lettori) solleva dei dubbi così profondi da farvi pensare davvero di riscrivere ancora quel racconto?
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